Interventismo letterario

alvaro vitali esercito francesco scura razzismo roberto vannacci Aug 19, 2023
Morgana Production
Interventismo letterario
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Iniziamo dalla confusione storico-virile: Marco Calpurnio Bibulo si rivolgeva a Gaio Giulio Cesare con l'epiteto di "regina della Bitinia", nel senso che il re lo faceva qualcun altro, Nicomede IV nella fattispecie.

 

Più di duemila anni dopo, direttamente da un generale dell'esercito italiano: "Ritengo che nelle mie vene scorra una goccia del sangue di Enea, Romolo, Giulio Cesare, Mazzini e Garibaldi... mica come quei vu-cumprà che vendono ciarpame... mica come Paola Egonu, italiana di cittadinanza, ma è evidente che i suoi tratti somatici non rappresentano l'italianità".

Questo profluvio di libero pensiero non arriva sorprendentemente da qualche fine esegeta del governo della nostra Repubblica, ma (meno sorprendentemente) da un generale dell'esercito con ambizioni letterarie finora inespresse.

Nel libro auto-prodotto "Il mondo al oirartnoc", quello che sembra ricalcare la parvenza di un autore afferma: "Cari omosessuali, normali non lo siete, fatevene una ragione!", ma la veemenza interventista del punto esclamativo non esclude nessun'altra categoria, come le femministe, gli ambientalisti, gli animalisti, i marxisti, i clandestini (delinquenti e stupratori per antonomasia) e chiunque vorrebbe far credere che le razze non esistono.

Nella profonda intensità dello sguardo di quel viso che probabilmente un Cesare Lombroso dei nostri giorni avrebbe scambiato per una caricatura di Pierino, a sua volta caricatura di Alvaro Vitali, c'è tutta l'assenza del pensiero, tutta la latitanza di dignità intellettuale, tutta la mancanza di un senso dello Stato democratico che oggi la maggioranza di questo Paese esprime con il più rozzo orgoglio dell'ignoranza.

Toni garbati e maniere dovute

Tra un culattone, un femminiello e un batacchio e altre felici elucubrazioni dello stesso tenore, la fatica letteraria termina così: "Per quanto esecrabile, l'odio è un sentimento, un'emozione che non può essere repressa in un'aula di tribunale... se questa è l'era dei diritti allora rivendico a gran voce anche il diritto all'odio e al disprezzo e a poterli manifestare liberamente nei toni e nelle maniere dovute".

Quindi, odiare e disprezzare sì, ma solo con i toni giusti e le maniere dovute.

Come ha scritto Matteo Pucciarelli su Repubblica, dai vertici dell'esercito italiano è tutto.

 

Francesco Scura '23

 

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