Lei aveva un dono prezioso per le citazioni, che è un utile sostituto dell'intelligenza

fascismo francesco scura italia joseph-ernest renan Mar 21, 2023
Fascismo

Il 17 marzo 1861, a Torino, nasceva lo Stato italiano in seguito alla proclamazione del Regno d’Italia.

 

Neanche un mese prima, il 18 febbraio, il Discorso della Corona per l’apertura del Parlamento italiano si concludeva così: "Questi fatti hanno inspirato alla Nazione una grande confidenza nei proprii destini, mi compiaccio di manifestare al primo Parlamento d’Italia la gioia che ne sente il mio animo di Re e di Soldato".

Pochi anni dopo, in Francia, Joseph-Ernest Renan (1823-1892) pubblicava "Vita di Gesù", un’opera fortemente osteggiata dai maggiori esponenti cattolici per l’umanizzazione radicale della figura di Gesù.

Umanizzando e radicalizzando

Ma Renan, umanizzando e radicalizzando, è stato anche l’autore, ossequiosamente frequentato da certe derive culturali non rigidamente democratiche, dei “Dialoghi filosofici” (1874) in cui affermava i cardini di un auspicabile Stato totalitario, connotato non solo da un regime di polizia, ma da un’impronta prettamente scientista in cui la realtà sia controllata e governata non dai "re filosofi" ma dai "tiranni positivisti".

Lo scopo dell’utopia di Renan non punta a una ridefinizione del principio di uguaglianza, ma a creare dei superuomini: "La grande opera si compirà con la scienza, non con la democrazia" e, per farsi obbedire dai cittadini, lo Stato scientista deve dotarsi di uno strumento adeguato: il terrore.

Che porta con sé la creazione di campi della morte e di corpi speciali, “macchine obbedienti libere da ripugnanze morali e pronte a ogni ferocia”.

162 anni dopo

Il 17 marzo 2023 la presidente del consiglio della nostra Repubblica celebra l’anniversario dello Stato italiano citando proprio Renan per un’esaltazione della Nazione fondata sulla dimensione dei sacrifici compiuti e di quelli che ancora siamo disposti a compiere.

Il giorno stesso, da più parti, si alzano le voci critiche per la selezione di un autore che poi si spinse (anche) nelle direzioni della teoria della razza ariana e di un malcelato razzismo (ante litteram), pur rifacendosi alle teorie antropologiche e glottologiche ottocentesche, come ha spiegato Carlo Galli: “Certo, Renan, in accordo ai tempi in cui viveva, utilizzava il concetto di razza, ma questo non ha nulla a che fare col primato ariano rivendicato dalle leggi razziali naziste e fasciste”.

In ogni caso, il 19 marzo 2023 la presidente del consiglio della nostra Repubblica risponde alle critiche citando le citazioni di Renan a opera di Antonio Gramsci, Giovanni Spadolini e François Mitterrand, affermando una sorta di legittimo e grossolano pluralismo citazionista.

L'anima di un Paese

Nessuna sorpresa, nessuno stupore, solo una conferma amaramente non necessaria dell’anima profonda di un Paese che sembra ormai saper resistere solo ai propri anticorpi democratici, un Paese vittima consapevole di se stesso e del proprio analfabetismo politico-istituzionale.

"Lei aveva un dono prezioso per le citazioni, che è un utile sostituto dell’intelligenza", scriveva William Somerset Maugham, riproponendo la citazione del titolo.

Proseguiamo con l’onda bulimica delle citazioni e citiamo a nostra volta Roberto Righetto che cita “Memoria del male, tentazione del bene: inchiesta su un secolo tragico” di Tzvetan Todorov: "Lo studioso bulgaro enumera le vittime delle massime tragedie del ‘900: dagli otto milioni e mezzo di morti della Prima Guerra Mondiale sui fronti del conflitto, e quasi dieci nella popolazione civile, al milione e mezzo del genocidio armeno, per venire alla Russia sovietica, cinque milioni di morti nella guerra civile del 1917 e nella carestia del 1922, seguiti dai quattro milioni della repressione e da altri sei nella carestia organizzata del 1932… ancora, la Seconda Guerra Mondiale con più di trentacinque milioni di vittime nella sola Europa, cui si aggiunge lo sterminio di più di sei milioni di ebrei, zingari e disabili mentali”.

Parole, numeri, citazioni che non dovrebbero lasciare indifferenti, che dovrebbero almeno ispirare cautela e rispetto per la nostra memoria storica collettiva.

Invece no, almeno non per i nostri rappresentanti istituzionali e, nell’estasi celebrativa del 17 marzo, l’attuale vice-presidente della Camera dei deputati ha dichiarato: "Ci siamo guardati con la coda dell’occhio, io, Giorgia e Ignazio e ci siamo sentiti attraversare da un brivido d’orgoglio".

Brividi di terrore, terrore dell’orgoglio fascista.

 

Francesco Scura '23

 

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