Un mare di cifre, un oceano di vite

annalisa camilli francesco scura michaela biancofiore migranti politica Sep 27, 2023
Morgana Production
Un mare di cifre, un oceano di vite
3:25
 

Settecentocinquanta persone stipate in un peschereccio si fa fatica perfino a immaginarle, e tra loro c'erano cento bambini.

 

Settecentocinquanta persone, un numero che nella mente si dissolve, come granelli di sabbia sparpagliati e nascosti dal vento, in balia di un destino che non risponde.

Scrive Annalisa Camilli su Internazionale: "È come se il massimo della compassione, invece di produrre cambiamento o anche solo riflessione, induca alla presa di distanza, perfino all'insofferenza verso le vittime che con il loro dolore ci riportano a una dimensione di mortalità e di disuguaglianza".

Disperazione mortale e silenziosa

Un mare di cifre, un oceano di vite: 26.000 morti in dieci anni nel Mediterraneo, un numero che grida silenziosamente la disperazione mortale di chi ha lasciato la propria terra.

Ma questi numeri, per quanto allarmanti, sono solo la punta dell'iceberg di una realtà ancora più tragica, con un numero indefinito e indefinibile di naufragi che restano "invisibili".

La rotta che collega la Libia e la Tunisia all'Italia è stata riconosciuta come la più letale al mondo, con oltre 17.000 morti e dispersi dal 2014: e mentre i dati dell'O.I.M. - Organizzazione Internazionale per le Migrazioni ci forniscono queste statistiche, la percezione pubblica della compassione verso i migranti rimane complessa e spesso contraddittoria.

Percezione auto-assolutoria

Studi sulla percezione della compassione mostrano che, nonostante la consapevolezza delle tragedie, spesso si verifica una disconnessione emotiva che impedisce un'azione collettiva mirata e significativa.

E ancora: "A oggi è accertato che nessun terrorista sia arrivato in Europa su un barcone, ma la criminalizzazione degli stranieri e l'etnicizzazione dei reati ha contribuito a spostare l'asticella della disumanità": cioè, in un contesto già critico e cronico piove sul bagnato, con l'ombra di un atroce sospetto su chi cerca salvezza... anzi, guarda caso nessun terrorista tra loro, ma l'etichetta resta, una nuova, ennesima macchia senza soluzione.

La criminalizzazione degli innocenti, l'etnicizzazione dei reati, un gioco pericoloso che sposta l'asticella, che gioca con le vite, come fossero pedine su una scacchiera di tragica, insofferente e disumana fatalità.

La convenienza della disumanità

Insofferenza e disumanità di cui sono però permeate le farneticazioni dei rappresentanti politici e istituzionali che a vario titolo si avventurano sul tema globale dei processi migratori: da chi sproloquia di isole artificiali in acque internazionali come filtro per provare a bussare nel vuoto dell'Europa che conta (ruggine tossica di Forza Italia in cerca di ricollocazione) a chi attualizza, pur nel ruolo di presidente del consiglio della nostra Repubblica, la miseria di un'espressione storicamente già stucchevole e volgare affermando come non si possa fare solidarietà con i confini degli altri.

Invece si può essere indifferenti e vigliacchi, umanamente e politicamente, nascondendosi dietro il simulacro dei confini giocando a carte (coperte, perché conviene) sulla vita degli altri.

 

Francesco Scura '23

 

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